mercoledì 25 aprile 2007

Doping Amministrativo Inc.

E così, alla fine, Franco Sensi e la sua Roma rischiano di finire tra i prescritti per il caso-plusvalenze, che a dirla tutta si dovrebbe chiamare caso-Nakata. Intorno alla società di Trigoria si amano spesso fare sintesi dure giocando con le parole, che vengono usate a sproposito per amplificare i presunti illeciti. Illeciti per cui, a quanto pare, la Roma non ha mai pagato, a differenza di altre società oneste punite severamente. Così dicono i corretti colpevoli, almeno.
Vorrei essere capace di difendere i miei colori dalle infamie: dai Rolex ai debiti, dalle fidejussioni false fino a queste plusvalenze inventate. Vorrei essere capace di dire quello che i tifosi delle altre squadre non sanno dire, per miopia, orgoglio o malafede.
In verità, un abbozzo di difesa si può anche provare.
I famigerati Rolex d'oro agli arbitri non sono andati, tanto per cominciare, agli arbitri. Per quanto la famiglia Sensi sia ricca, non si sarebbe mai sognata di dilapidare migliaia di euro in costosi orologi d'oro per tutti i fischietti e i guardalinee della Federazione. Sarebbe stata un'operazione gigantesca e allucinante dal punto di vista economico, oltre che morale. I Rolex sono stati donati ai designatori, mentre agli arbitri più celebri sono andati dei modesti Philip Watch in acciaio. Il tutto messo per iscritto nel bilancio di una società per azioni con regolare quotazione in Borsa. Mi rimane difficile pensare che un ladro metta nero su bianco il proprio furto, a disposizione di organi federali e controllori ferrei come la Consob e la Covisoc. Mi rimane ancora più difficile pensare che un ladro compia la sua bravata davanti a tutti, per poi finire sui quotidiani del giorno dopo. Non si può credere davvero ad una tentata corruzione fatta in un modo talmente stupido da risultare ridicolo. Eppure è successo realmente; l'episodio è stato rilevato dalle prime pagine di tutti i giornali, la Roma ha ritirato gli orologi fornendo spiegazioni imbarazzate, tante scuse e amici come prima. Mi piacerebbe avere la convinzione che si sia trattato di una svista madornale, di un'ingenuità pacchiana, di una mania di grandezza, soprattutto perché a gente come Bergamo e Pairetto si sarebbe dovuto regalare un cesto di uova marce. Eppure eccola, sulla bocca di tutti i tifosi avversari, la corruzione bella e buona, senza appello e con tanta impunità.
I debiti c'erano, ed erano pesanti. Certo, Franco Sensi non è entrato nel mondo del pallone solo per possedere la sua squadra del cuore. C'è entrato assieme ad un volto noto dell'imprenditoria maneggiona romana, quel Pietro Mezzaroma fratello di Roberto, socio di Lotito nell'acquisizione della Lazio. Dopo un periodo di coreggenza, Sensi ha liquidato il suo sodale e si è preso la Roma tutta per sé. Ha speso quel che ha potuto, andando al di sopra delle proprie possibilità e un giorno gli hanno presentato il conto. Ha dovuto pagare, e anche qui è piuttosto chiaro che i pagamenti ci sono stati, grazie alla vendita di asset importanti: l'Hotel Cicerone nel centro della capitale, le quote degli Aeroporti di Roma e di Italpetroli, altre proprietà di minor valore vendute in fretta che hanno fruttato un discreto gruzzolo. Stesso discorso di prima, ci sono stati organismi addetti al controllo che non hanno avuto nulla da ridire. E per me contano di più delle inchieste di Tuttosport basate sui titoloni ad effetto. Purtroppo, però, per il tifoso medio italiota contano più le parole di queste pseudoinchieste e quindi la Roma è diventata la squadra salvata dai debiti, grazie anche ad un decreto del governo. Un decreto di cui, francamente, la società giallorossa non ha approfittato più di Lazio, Milan e Inter (la Juve no, non ne aveva bisogno con la dirigenza triadica) e forse qualche altra società che adesso non ricordo. Eppure il provvedimento c'è stato, ed è stato bocciato dalla Commissione Antitrust Europea. Eppure la Roma è stata l'unica miracolata e soprattutto è divenuta responsabile dell'affossamento del Bologna e non ha pagato quanto la bistrattata Fiorentina di Cecchi Gori, retrocessa in C2 con il disonore del fallimento.
Capitolo fidejussioni false. Sarò onesto. Sono andato a ricercare in rete qualche notizia seria in merito, nel senso che avrei voluto fare un bel copia e incolla di atti giudiziari o perlomeno di sentenze emesse. Invece ho trovato i sentito dire, le voci di corridoio, i lamenti e le accuse. A questo punto devo per forza essere impreciso, anche se alla fine ciò che ho letto avalla in pieno il mio tentativo apologetico. Da quel che si sa, la Roma presentò i pagamenti per l'iscrizione al campionato in due tranche: cominciò con una fetta sostanziosa, coperta da un credito concesso dalla Banca di Roma. Alla scadenza del periodo valido per iscriversi, i conti non tornarono e la Lega spinse la Roma verso un fidejussore di fiducia per colmare una lacuna di circa 7 mln. di euro - mi pare. La Roma si affidò al fidejussore in questione (di cui purtroppo non trovo traccia ufficiale) e si scoprì in seguito l'inghippo, cioè che le fidejussioni erano fasulle. Apriti cielo: ma la Roma si costituì parte lesa ed ebbe ragione. Non fu l'unica società, peraltro, a essere raggirata, poiché c'erano altre squadre nella vicenda. Alcuni ritengono impossibile che un imprenditore navigato come Sensi potesse cadere in un simile giochetto; altri semplicemente si limitano ad identificare il truffatore con il truffato, perciò l'equazione sballata secondo cui la Roma ha presentato delle finte garanzie ha finito per condannare non il finto garante ma la stessa società capitolina. Fatti due calcoli rapidi, mi viene da pensare che Franco Sensi aveva lottato contro il "sistema", definendolo "Vento del Nord" e riferendosi apertamente a Moggi e Galliani. Quest'ultimo venne poi eletto presidente di Lega e guardacaso la Lega consigliò il fidejussore truffaldino. Sa un po' di avvertimento mafioso, questa storia. Eppure la Roma è diventata la squadra che non doveva essere iscritta al campionato ed è stata graziata, che ha operato sottobanco in modo furbesco. Basta scrivere "fidejussioni false" su Google per leggere i vari soloni che sentenziano, con tanto di toga e parrucca.
Le plusvalenze, in buona sostanza, sono la cosa meno scandalosa, e forse per questo i megafoni antiromanisti ne hanno parlato di meno. Si contesta alla società la mancata iscrizione della plusvalenza generata dal trasferimento di Hidetoshi Nakata nel bilancio 2001-2002; iscrizione però trascritta interamente nel bilancio 2000-2001. Non può essere stata una distrazione, è pacifico. Si parla esattamente di quasi 14 mln. di euro. Resta un pasticcio di natura economica, che non credo possa compromettere la permanenza di una squadra in serie A. Oltretutto il reato, contestato sette anni addietro, cadrà probabilmente in prescrizione. La magistratura fa notare, tuttavia, che il procedimento di inchiesta andrà avanti per accertare la presunta responsabilità amministrativa della società A.S. Roma S.p.a. Anzitutto vorrei rilevare che "le plusvalenze" fraudolente sono in realtà "la plusvalenza". Secondo poi la cifra è stata riportata per intero nel bilancio dell'anno precedente, cosa che qualcuno ha dimenticato, nella sua infinita malizia, di sottolineare. Eppure, anche qui, bisogna considerare che si è giocato con le cifre, con i bilanci. Eppure Sensi è stato additato da molti come colui che trucca i conti, che evade il fisco, che froda il CONI, la Federcalcio e lo Stato.
Mi collego a quest'ultima parte per chiudere il cerchio con la famosa questione delle regole cambiate in corsa. Fu proprio Nakata ad assicurare lo scudetto alla Roma, nella gara a Torino contro la Juventus. Il giapponese entrò, segnò e fece segnare Montella, grazie ad una regola introdotta nella settimana precedente, che permetteva alle squadre di schierare più di 3 extracomunitari. Nonostante la Roma di quella stagione meritasse senza dubbi lo scudetto, gli juventini reagirono con un astio inaudito alla nuova regola. Come se Nakata fosse stato predestinato, come se si sapesse da tempo che il giapponese avrebbe fatto la differenza. Se Nakata non avesse segnato, probabilmente non sarebbe mai uscita la polemica, specie perché a decidere la regola fu la FIFA. Eppure Hide è entrato proprio in quella gara e proprio quella sera è stato decisivo. Eppure la Roma, indovinate un po'?, è riuscita ad imporre la sua legge su misura con una manovra degna della CIA.
Sorvolo sulla questione dei passaporti falsi; una questione che fa ridere perché chi doveva pagare ha pagato senza clamori e chi doveva essere assolto è stato assolto con formula piena, grazie ad un'accurata documentazione.
Spero di aver difeso bene la mia Roma. Ma...
Me ne vergogno. Solo il fatto che ci siano questi sospetti, queste accuse, queste chiacchiere mi imbarazza. Solo il fatto che il nome della Roma sia stato accostato ad avvenimenti oscuri mi mette a disagio. Mi vergogno perché conosco la lealtà, perché non sono abituato ad una cultura che impone il successo a qualsiasi prezzo, perché mi dispiace sempre vincere con un rigore anziché con grandi azioni. Mi vergogno perché la legge assolve i malfattori, perché ho la dignità del perdente, perché ho lo stile del vincitore. Mi vergogno perché sono in grado di affrontare l'avversario a testa alta, perché non cerco amicizie influenti, perché gioco le mie carte senza tenere assi nella manica. Mi vergogno perché so cos'è giusto e cos'è sbagliato, perché soffro e gioisco, perché riconosco il torto e la ragione. Mi vergogno perché rispetto gli altri, perché ammetto i miei errori, perché non mi sento furbo. Mi vergogno perché odio le triadi, i presidenti mafiosi, gli arraffoni travestiti da tifosi. Mi vergogno perché disprezzo chi va a piangere in tv, sui giornali, alla radio. Mi vergogno perché non punto il dito, non ho pregiudizi, non penso alle macchie degli altri per lavare la mia coscienza. Mi vergogno perché non sopporto gli opinionisti da strapazzo, i giornalisti prezzolati, i capipopolo ignoranti.
Mi vergogno perché non faccio striscioni per Moggi e Giraudo, perché non ringrazio applaudendo Della Valle, perché non inneggio a Lotito, perché non stimo Galliani, perché non condivido l'operato di Moratti.
Perché non simpatizzo per Rosella Sensi, e ho la decenza di dirlo.
Io, da romanista, mi vergogno proprio perché me lo posso permettere.

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