Perché uno decide un giorno di creare un blog? E' una bella domanda. Chissà perché molti sentono il bisogno di comunicare agli altri ciò che pensano, spesso su argomenti e opinioni personali che non interessano granché. Io non sono mai stato un amante dei blog, e probabilmente non lo sono nemmeno ora. Ma tra i tanti motivi validi per tenerne uno, ho scelto quello più immediato, più superficiale, anche più stupido, se volete: la voglia di avere uno spazio mio per poter dire quel che penso partendo da un evento scatenante. Siccome sono uno dei tanti malati di calcio (malato a sua volta), siccome sono uno dei tanti allenatori falliti che si trovano il lunedì a commentare i risultati del fine settimana, siccome sono uno dei tanti tifosi che cambierebbero tutto nella vita tranne la squadra del cuore, siccome sono uno dei tanti logorroici innamorati delle proprie passioni, allora ho aperto questo blog. Che poi vi piaccia o meno, pazienza, non è cosa per cui non dormire la notte. Amo il calcio e sono un tifoso della Roma, la Magica per eccellenza, che martedì sera ha visto crollare in un colpo solo i propri sogni nel cosiddetto "Teatro dei Sogni", l'Old Trafford di Manchester, uno dei templi sacri del Dio Pallone. Dopo se ne sono sentite tante, com'era giusto che fosse, e ancora se ne sentono troppe. Avevo voglia di togliermi qualche sassolino dalla scarpa; chissà, magari non solo sul calcio. Perciò, fatte le debite premesse, partiamo.
Una sconfitta così non la puoi commentare normalmente. Non stai lì a chiederti perché l'arbitro non ti ha concesso un rigore, perché Totti non ha inquadrato lo specchio della porta, perché Van der Saar non ha commesso una delle sue papere o altre cose simili. No. Stai lì a chiederti come può essere successo proprio a te. Perché se è vero che alla fine del primo tempo, sul 4-0, hai detto "Purtroppo ci poteva stare, non era facile", alla fine della partita avresti voluto riavvolgere il tempo e rigiocartela mille volte, ché il risultato sarebbe stato in passivo ma non così umiliante. E invece succede che il tempo non lo fermi, che Cristiano Ronaldo esiste davvero e fa quel che gli pare con il pallone tra i piedi, che Alan Smith, un rincalzo, e che Carrick, uno tra i tanti, sono dei fenomeni con la schiuma alla bocca. E ti tocca farci i conti, con gli sfottò, con le prese in giro, con i 7 colli che sono diventati 7 gol lì, con la Roma che pensava di stare a Wimbledon. Non è tanto sofferenza, quella che si prova in momenti come questi, è qualcosa che realizzi a poco a poco, è una gamma di sensazioni che si stende pian piano e il cui confine è impercettibile: incredulità, delusione, vergogna, orgoglio, frustrazione, rabbia, sarcasmo, rassegnazione, acquiescenza. Sensazioni decisamente non bellissime, forse stupide per una singola gara, ma che credo possano essere condivise da quei tifosi che hanno visto almeno una volta un loro sogno sfumato all'improvviso, in un modo che va oltre la peggiore delle previsioni. Ecco, beh... La Roma è andata a giocarsela forte di una vittoria per 2-1 all'andata, ma con la consapevolezza che in Inghilterra sarebbe stata tutta un'altra storia. Però sette gol sono sette gol. In una competizione internazionale, poi, davanti agli occhi di tutti. Pazienza. Ecco l'ultimo sussulto che conclude la gamma emotiva di cui sopra. Pazienza. Del resto il tifoso di calcio, e il tifoso romano (non romanista) in particolare, sa che "ogni maledetta domenica" deve ricominciare. Non me la sento di prendermela con i singoli. Chivu e Doni hanno tanta responsabilità, ma che gli vuoi dire dopo una serataccia simile? E' stato un disastro collettivo, e mi fanno ridere quelli che credono di poter indicare questo o quel responsabile - in un gioco di squadra, poi. Sono stati tutti ridicoli; irritanti, presuntuosi, ingenui, e chi più ne ha più ne metta.
Tuttavia resto un fan e in quanto tale, ho mal digerito alcuni commenti cattivi e stupidi letti qua e là in rete e ascoltati in giro, per le radio, in tv. Purtroppo mi tocca generalizzare, cosa che odio. Ma visto che la generalizzazione è uno sport piuttosto amato che si affianca spesso al pallone, allora mi unisco al coro.
Partendo dalla considerazione fatta prima, su chi e come ha giocato, ad esempio, voglio ribattere a "quelli che" criticano Totti. A loro modo di vedere, Totti avrebbe detto prima della partita che "il quarto di finale vale più della finale mondiale". Per questo, essendo notoriamente l'Italia un paese di patrioti convinti che morirebbero pur di tenere alto il buon nome della propria terra, Totti si è finalmente svelato per ciò che è: un anti-italiano arrogante. Ora, che il Capitano non sia così simpatico ci può stare perfettamente; nemmeno io condivido molte sue uscite di dubbio gusto e la sua immagine che sembra ormai onnipresente nel circuito mediatico. Però Totti ha detto che "sente il quarto di finale più della finale mondiale". Mi domando, anzitutto, se questi signori critici abbiano letto bene le dichiarazioni oppure si siano fermati ai soliti titoloni. In seconda battuta, mi chiedo se abbiano mai provato un'emozione. Un tifoso che ha la fortuna di giocare nella propria squadra del cuore, di divenirne il simbolo, a torto o a ragione, dovrebbe forse censurarsi in nome del professionismo? E perché, poi? A chi ha fatto male Totti dicendo che sente una gara del genere, oggettivamente importante e prestigiosa? L'ultima domanda, dopo queste riflessioni, è se questa gente ipercritica sia veramente tifosa. Perché il tifoso, il supporter, mette prima di tutto i propri colori, poi il resto, nazionale compresa, mondiale compreso. Chiedete ad Oriali, ad Antognoni, a Conti, ad Altobelli o a Cabrini se per loro erano più sentite le gare dei club in cui militavano oppure le gare di Spagna '82. Chiedete ad un calciatore che io personalmente non stimo affatto, ma che in Italia per i suoi atteggiamenti è diventato una sorta di piccolo mito, e cioè Paolo di Canio, se avrebbe voluto sua una maglia da capitano nella Lazio o una maglia della nazionale. Fatevi un esame di coscienza e siate meno prevenuti, per favore. Così come quando non avete aspettato altro che il fischio finale dell'Old Trafford per poter dire: "Ecco, Totti non è mai decisivo". In una gara del genere, per quanto assurdo sia, non c'è un calciatore decisivo, semplicemente perché non c'è niente. O forse Totti avrebbe dovuto vincere da solo... Eppure il tanto glorificato Cristiano Ronaldo, pur avendo dimostrato le sue qualità, non ha vinto da solo. Ha vinto con Rooney, Giggs, Smith, Carrick, Ferdinand, Van der Saar. Una squadra che gioca così bene non è un singolo, così come una squadra che non gioca proprio non è rappresentabile da un singolo.
E' brutto essere prevenuti. L'ho fatto anche io. Mi sono ostinato a volte nel pensare che Ibrahimovic non fosse un grande giocatore, solo perché mi era antipatico. Ho sbagliato di brutto. Non ci devo andare a cena, devo ammirarlo perché ammiro il calcio reale, concreto, bello e so che può essere decisivo come a volte può essere irritante. E' il destino di un campione, stare sulla bocca di tutti, nel bene e spesso nel male.
Per il resto, be', in ordine sparso mi rivolgo agli interisti, che in tantissimi hanno parlato di "squadretta". E' vero, la Roma è una squadretta rispetto al Manchester. Che lo dica io da sostenitore, però, è diverso dal sentirlo dire da loro. Gli interisti affermano che la Serie A di quest'anno sia regolarissima e normale e che la loro squadra sia fortissima e stia strameritando uno scudetto pieno di record. Concordo. Per quanto malandato, è un campionato regolare e l'Inter è uno schiacciasassi imprendibile. Ma se vanno a dire in giro che la Roma è una rometta, il campionato smette di essere normale, i loro record valgono poco ed è vero, parafrasando il tizio al bar, che il loro è uno scudetto di cartone vinto senza avversari. Forse l'intelligenza dovrebbe precedere gli istinti, almeno per opportunità.
Mi rivolgo ai catanesi, i quali hanno visto in questo sette a uno una sorta di rivincita o di vendetta. Ho sentito tante chiacchiere dopo i sette gol, ma mai una lamentela. Il Manchester ha giocato a calcio onestamente e ha tentato di farne otto o nove, di gol, fino al 90°. Nessuno ha avuto da ridire su questo. Probabilmente la soddisfazione di delegare ad altri il riscatto rende i catanesi forti, non lo so. Ma lo trovo vigliacco. Specie se a "vendicarli" è un paese che ignora l'esistenza del Catania, se non per il fatto di Raciti.
Mi rivolgo ai fiorentini, che si sono sentiti scippati del quarto posto e anche loro vendicati. Stesso discorso di sopra: una piccola vigliaccata per una grande gioia. Contenti loro, contenti tutti. Posso capire il sentimento di rabbia, ma la rivincita no, non c'è stata. Poi qui si potrebbero spendere altre parole su quanti li hanno visti con stupore salire dalla C2 alla B, ma lasciamo stare.
Mi rivolgo agli juventini, una vita in bianco e nero. E quindi non ho niente da dirgli.
Infine, mi rivolgo ai milanisti, che in uno stranissimo anno di rancori e simpatie inaspettati (fiorentini che per salvare se stessi avrebbero salvato la Juve, interisti che da bonari perdenti diventano boriosi revanscisti, juventini spaccati tra ladri convinti e nostalgici dignitosi), sembrano essere stati gli unici a minimizzare sulla catastrofe di Manchester, dispiacendosi anzi per la mancata semifinale tutta italiana e facendo i complimenti alla Roma che comunque il suo l'ha fatto. Ripeto che ho generalizzato, ma un comportamente simile non solo mi sorprende ma mi rende anche sereno, dato che ho sempre avuto un po' di simpatia per il Milan e i suoi tifosi - eccetto qualche vip di cui evito il troppo noto nome.
Ed è per questo che concludo la prima filippica, augurando al Diavolo di infiammare come sa fare ormai da molti anni l'Europa, specialmente nel Teatro dei Sogni.
Una sconfitta così non la puoi commentare normalmente. Non stai lì a chiederti perché l'arbitro non ti ha concesso un rigore, perché Totti non ha inquadrato lo specchio della porta, perché Van der Saar non ha commesso una delle sue papere o altre cose simili. No. Stai lì a chiederti come può essere successo proprio a te. Perché se è vero che alla fine del primo tempo, sul 4-0, hai detto "Purtroppo ci poteva stare, non era facile", alla fine della partita avresti voluto riavvolgere il tempo e rigiocartela mille volte, ché il risultato sarebbe stato in passivo ma non così umiliante. E invece succede che il tempo non lo fermi, che Cristiano Ronaldo esiste davvero e fa quel che gli pare con il pallone tra i piedi, che Alan Smith, un rincalzo, e che Carrick, uno tra i tanti, sono dei fenomeni con la schiuma alla bocca. E ti tocca farci i conti, con gli sfottò, con le prese in giro, con i 7 colli che sono diventati 7 gol lì, con la Roma che pensava di stare a Wimbledon. Non è tanto sofferenza, quella che si prova in momenti come questi, è qualcosa che realizzi a poco a poco, è una gamma di sensazioni che si stende pian piano e il cui confine è impercettibile: incredulità, delusione, vergogna, orgoglio, frustrazione, rabbia, sarcasmo, rassegnazione, acquiescenza. Sensazioni decisamente non bellissime, forse stupide per una singola gara, ma che credo possano essere condivise da quei tifosi che hanno visto almeno una volta un loro sogno sfumato all'improvviso, in un modo che va oltre la peggiore delle previsioni. Ecco, beh... La Roma è andata a giocarsela forte di una vittoria per 2-1 all'andata, ma con la consapevolezza che in Inghilterra sarebbe stata tutta un'altra storia. Però sette gol sono sette gol. In una competizione internazionale, poi, davanti agli occhi di tutti. Pazienza. Ecco l'ultimo sussulto che conclude la gamma emotiva di cui sopra. Pazienza. Del resto il tifoso di calcio, e il tifoso romano (non romanista) in particolare, sa che "ogni maledetta domenica" deve ricominciare. Non me la sento di prendermela con i singoli. Chivu e Doni hanno tanta responsabilità, ma che gli vuoi dire dopo una serataccia simile? E' stato un disastro collettivo, e mi fanno ridere quelli che credono di poter indicare questo o quel responsabile - in un gioco di squadra, poi. Sono stati tutti ridicoli; irritanti, presuntuosi, ingenui, e chi più ne ha più ne metta.
Tuttavia resto un fan e in quanto tale, ho mal digerito alcuni commenti cattivi e stupidi letti qua e là in rete e ascoltati in giro, per le radio, in tv. Purtroppo mi tocca generalizzare, cosa che odio. Ma visto che la generalizzazione è uno sport piuttosto amato che si affianca spesso al pallone, allora mi unisco al coro.
Partendo dalla considerazione fatta prima, su chi e come ha giocato, ad esempio, voglio ribattere a "quelli che" criticano Totti. A loro modo di vedere, Totti avrebbe detto prima della partita che "il quarto di finale vale più della finale mondiale". Per questo, essendo notoriamente l'Italia un paese di patrioti convinti che morirebbero pur di tenere alto il buon nome della propria terra, Totti si è finalmente svelato per ciò che è: un anti-italiano arrogante. Ora, che il Capitano non sia così simpatico ci può stare perfettamente; nemmeno io condivido molte sue uscite di dubbio gusto e la sua immagine che sembra ormai onnipresente nel circuito mediatico. Però Totti ha detto che "sente il quarto di finale più della finale mondiale". Mi domando, anzitutto, se questi signori critici abbiano letto bene le dichiarazioni oppure si siano fermati ai soliti titoloni. In seconda battuta, mi chiedo se abbiano mai provato un'emozione. Un tifoso che ha la fortuna di giocare nella propria squadra del cuore, di divenirne il simbolo, a torto o a ragione, dovrebbe forse censurarsi in nome del professionismo? E perché, poi? A chi ha fatto male Totti dicendo che sente una gara del genere, oggettivamente importante e prestigiosa? L'ultima domanda, dopo queste riflessioni, è se questa gente ipercritica sia veramente tifosa. Perché il tifoso, il supporter, mette prima di tutto i propri colori, poi il resto, nazionale compresa, mondiale compreso. Chiedete ad Oriali, ad Antognoni, a Conti, ad Altobelli o a Cabrini se per loro erano più sentite le gare dei club in cui militavano oppure le gare di Spagna '82. Chiedete ad un calciatore che io personalmente non stimo affatto, ma che in Italia per i suoi atteggiamenti è diventato una sorta di piccolo mito, e cioè Paolo di Canio, se avrebbe voluto sua una maglia da capitano nella Lazio o una maglia della nazionale. Fatevi un esame di coscienza e siate meno prevenuti, per favore. Così come quando non avete aspettato altro che il fischio finale dell'Old Trafford per poter dire: "Ecco, Totti non è mai decisivo". In una gara del genere, per quanto assurdo sia, non c'è un calciatore decisivo, semplicemente perché non c'è niente. O forse Totti avrebbe dovuto vincere da solo... Eppure il tanto glorificato Cristiano Ronaldo, pur avendo dimostrato le sue qualità, non ha vinto da solo. Ha vinto con Rooney, Giggs, Smith, Carrick, Ferdinand, Van der Saar. Una squadra che gioca così bene non è un singolo, così come una squadra che non gioca proprio non è rappresentabile da un singolo.
E' brutto essere prevenuti. L'ho fatto anche io. Mi sono ostinato a volte nel pensare che Ibrahimovic non fosse un grande giocatore, solo perché mi era antipatico. Ho sbagliato di brutto. Non ci devo andare a cena, devo ammirarlo perché ammiro il calcio reale, concreto, bello e so che può essere decisivo come a volte può essere irritante. E' il destino di un campione, stare sulla bocca di tutti, nel bene e spesso nel male.
Per il resto, be', in ordine sparso mi rivolgo agli interisti, che in tantissimi hanno parlato di "squadretta". E' vero, la Roma è una squadretta rispetto al Manchester. Che lo dica io da sostenitore, però, è diverso dal sentirlo dire da loro. Gli interisti affermano che la Serie A di quest'anno sia regolarissima e normale e che la loro squadra sia fortissima e stia strameritando uno scudetto pieno di record. Concordo. Per quanto malandato, è un campionato regolare e l'Inter è uno schiacciasassi imprendibile. Ma se vanno a dire in giro che la Roma è una rometta, il campionato smette di essere normale, i loro record valgono poco ed è vero, parafrasando il tizio al bar, che il loro è uno scudetto di cartone vinto senza avversari. Forse l'intelligenza dovrebbe precedere gli istinti, almeno per opportunità.
Mi rivolgo ai catanesi, i quali hanno visto in questo sette a uno una sorta di rivincita o di vendetta. Ho sentito tante chiacchiere dopo i sette gol, ma mai una lamentela. Il Manchester ha giocato a calcio onestamente e ha tentato di farne otto o nove, di gol, fino al 90°. Nessuno ha avuto da ridire su questo. Probabilmente la soddisfazione di delegare ad altri il riscatto rende i catanesi forti, non lo so. Ma lo trovo vigliacco. Specie se a "vendicarli" è un paese che ignora l'esistenza del Catania, se non per il fatto di Raciti.
Mi rivolgo ai fiorentini, che si sono sentiti scippati del quarto posto e anche loro vendicati. Stesso discorso di sopra: una piccola vigliaccata per una grande gioia. Contenti loro, contenti tutti. Posso capire il sentimento di rabbia, ma la rivincita no, non c'è stata. Poi qui si potrebbero spendere altre parole su quanti li hanno visti con stupore salire dalla C2 alla B, ma lasciamo stare.
Mi rivolgo agli juventini, una vita in bianco e nero. E quindi non ho niente da dirgli.
Infine, mi rivolgo ai milanisti, che in uno stranissimo anno di rancori e simpatie inaspettati (fiorentini che per salvare se stessi avrebbero salvato la Juve, interisti che da bonari perdenti diventano boriosi revanscisti, juventini spaccati tra ladri convinti e nostalgici dignitosi), sembrano essere stati gli unici a minimizzare sulla catastrofe di Manchester, dispiacendosi anzi per la mancata semifinale tutta italiana e facendo i complimenti alla Roma che comunque il suo l'ha fatto. Ripeto che ho generalizzato, ma un comportamente simile non solo mi sorprende ma mi rende anche sereno, dato che ho sempre avuto un po' di simpatia per il Milan e i suoi tifosi - eccetto qualche vip di cui evito il troppo noto nome.
Ed è per questo che concludo la prima filippica, augurando al Diavolo di infiammare come sa fare ormai da molti anni l'Europa, specialmente nel Teatro dei Sogni.
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