Poco da dire, sulla partita di domenica. L'Atalanta batte meritatamente la Roma, nonostante qualcuno abbia voluto vedere un arbitraggio pessimo di Rosetti che, a mio avviso, è stato decente, esclusa l'espulsione di Matteo Ferrari, nel finale, che nemmeno tocca l'avversario. Comunque il gol di Cristiano Doni consacra lo stesso numero 72 e la sua stagione impeccabile, su cui nessuno avrebbe scommesso dopo un periodo di buio totale. Il caso ha voluto che segnasse proprio lui, il quale ha salutato con anticipo il campionato italiano per operarsi di ernia. Certo che se si pensa che Doni ha 34 anni, che viene da tre annate piuttosto anonime e che ha giocato con l'ernia, ci si chiede come mai alla Roma segnino sempre quei calciatori che hanno una storia particolare. Voglio dire, quando la Roma affronta una squadra in cui milita qualcuno che è appena rientrato da un infortunio, oppure un ex di turno o ex laziale, o ancora uno che si porta dietro qualche problema, allora si può stare sicuri che il soggetto in questione faccia un partitone. In effetti quando è entrato Christian Vieri, altro grande redivivo, ho subito pensato al peggio. Per fortuna che era quasi finita. A parte gli scherzi, la questione è tanto stupida quanto reale; magari poi non sempre si perde, ma di sicuro il giocatore inatteso che dà il tutto per tutto c'è e si fa sentire. Di Doni, se non altro, si sapeva che era un ottimo atleta ormai pienamente recuperato. Così come si sapeva di Zampagna, uno di quei bomber di provincia che non ha mai avuto un'opportunità in una grande e non si capisce perché. Un bel gol, il suo. Devo dire, forse con malafede, che anche stavolta il solito Chivu non si è fatto mancare il suo errore in marcatura: era lì, doveva tenere Zampagna e si è voltato quando l'attaccante ternano ha piazzato un bel pallonetto. A scuola calcio mi insegnarono a non voltarmi mai, se non in caso di pericolo per la faccia. Non mi sembrava un caso di pericolo, ma forse sbaglio e forse Chivu dopo l'esperienza di Lione ha temuto per il suo bel visetto. Tra l'altro, pur senza troppa colpa, il Doni giallorosso (Alexander, cioè) non si capisce cosa stesse facendo fuori dai pali. Mah, vabbè, è andata. Complimenti anche a un giocatore che non sarà tra i dieci centrocampisti più forti d'Italia, ma ha dato l'anima e ha corso tutto il tempo; mi riferisco a Migliaccio, vero e proprio factotum della squadra di Colantuono.
Nella Roma, le note positive, per quanto non si possa parlare di una domenica brillante, sono state Vucinic, che pur essendo un pochino troppo evanescente in fase conclusiva ha fatto vedere che si ricorda ancora come si tiene un pallone tra i piedi, e Perrotta, infaticabile motorino e attaccante aggiunto quando serve. Le note negative sono state Tavano, ormai maturo per una valutazione ampiamente negativa, e Wilhelmsson, che a questo punto rappresenta un punto interrogativo per sé e per Spalletti. Facendo una rapida disamina, si può concludere che Vucinic dovrebbe restare se non altro per far vedere davvero l'anno prossimo di che pasta è fatto, che Tavano dovrebbe tornare al Valencia senza rimpianti e che Wilhelmsson dovrebbe essere riscattato dal Nantes per allungare la panchina. Sugli ultimi due, tuttavia, gravano dei seri dubbi: gli spagnoli, data l'inutilizzazione e l'inutilità di Tavano, potrebbero decidere di rinnovare il prestito gratuito e i francesi, dato il non proprio eccelso livello della loro squadra, potrebbero riprendere Wilhelmsson che comunque farebbe la sua parte. Mentre per il primo c'è solo da aspettare, per il secondo la Roma dovrà presentare un'offerta minore rispetto al compenso richiesto, e cioè un milione e mezzo al massimo contro i tre pattuiti in gennaio. Lo svedese è un buon giocatore, per carità, ma non ti cambia una partita ed è discontinuo. Insomma, con tre milioni e il giusto fiuto si trovano elementi interessanti.
Tornando alla gara con i nerazzurri - quelli bravi, l'impressione finale è che la Roma, sazia e con poche pretese, non sia scesa in campo con la voglia e la concentrazione solita. Mancavano diversi titolari, è vero, ma quelli che hanno giocato non erano da meno dei bergamaschi. Credo che la testa fosse già al derby, cosa che può essere vista sia come altamente positiva sia come tremendamente deleteria. Da tifoso non posso però che esprimere disappunto. Continuo a ritenere il derby una delle gare fondamentali dell'anno, ci mancherebbe altro. Continuo anche a pensare che una seconda sconfitta contro la Lazio sarebbe una piccola seccatura, soprattutto perché i biancocelesti, sebbeno Delio Rossi abbia fatto un eccellente lavoro, non sono all'altezza della Roma. Eppure non voglio credere che la Roma abbia lottato fino ad ora solo per poter prendersi la rivincita nel derby. Onestamente devo dire che lì per lì, all'andata, mi è scocciato perdere 3-0, e penso sia normale. Ma il giorno dopo non ho accusato nessuna ricaduta, semplicemente perché è finito il tempo in cui si viveva solo per quei novanta minuti. La Roma aveva altri impegni, più seri e più urgenti, il derby era stata una parentesi sfortunata, come contro la Reggina. Credo che, come me, altri tifosi abbiano provato la stessa cosa. Quest'anno l'emozione vera è stata la Champions, con tutto l'entusiasmo che Spalletti e i suoi si sono portati dietro, con le speranze e le incertezze, con la consapevolezza e l'illusione: una dimensione speciale, ecco. Poi è andata come è andata ma, tamponate le ferite post-Manchester, si può dire che la stagione, per i sentimenti che ci ha lasciato e per quelli (Coppa Italia e Supercoppa) che devono arrivare, sia stata piena di momenti esaltanti.
Ora, tornare invece a basarsi sul derby per dare un senso ad un campionato intero, tornare quindi a quegli atteggiamenti che hanno solo bloccato la crescita della Roma negli anni, penso sia sbagliato e anche un pochino ingiusto. Io non sono un laziale. I romanisti non sono laziali. La Roma non è la Lazio. Poi farò anche un post sulle differenze tra le due tifoserie, ma parlando unicamente di calcio mi auguro che la Maggica non pensi al derby come alla partita della vita. Sarebbe stupido e come ho detto ingiusto, salire i gradini verso l'Olimpo e voler rimanere con i piedi sulla Terra.
martedì 24 aprile 2007
Azzurri d'Italia e altre riflessioni
Gol segnato da numerodieci alle 00:31:00
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