Ma forse è vero che si stava meglio quando si stava peggio. In fondo oggi il pallone è un'industria e niente più, e a parte quei due o tre presidenti-tifosi ci sono affaristi della peggior specie e imprenditori mai sentiti che sperano di poter ricavare qualcosa dalla sfera che gira per poi mollare tutto nel momento di crisi. Non è che scrivendo queste cose ho scoperto chissà che, ho solo rimarcato la più ovvia delle brutture nel mondo del calcio. Negli anni '80, probabilmente l'ultimo decennio romantico che il microcosmo calcistico abbia vissuto, quasi tutti i presidenti erano anche tifosi della propria squadra. Non che fossero benefattori senza interessi, ma le facce e le parole dei Costantino Rozzi, dei Romeo Anconetani, dei Dino Viola e dei Giampiero Boniperti non le rivedremo né sentiremo più ancora per molto tempo. Si giocavano partite nelle partite, con dichiarazioni più o meno di stile e frecciate che viaggiavano lungo la settimana, incentrate esclusivamente sul calcio e non su bilanci, intercettazioni e doping. Il presidente veniva applaudito o contestato proprio perché era un tifoso come gli altri e sapeva bene quali erano gli umori delle piazze riguardo l'andamento della propria squadra. Oggi chi contesti? Il 51% di Tizio e la cordata di Caio, l'eccesso di ribasso di Sempronio e la plusvalenza di Tal de' Tali. Roba da teoria criogenica, senza passione alcuna. Non sono d'accordo con chi dice che "accadevano le stesse cose, solo che non si venivano a sapere". Sebbene ferito da qualche gravissimo scandalo - vedi il caso Petrini, il calcio nei suoi uomini più rappresentativi somigliava più ad una dimensione reale del film "L'allenatore nel pallone" che alla cupola imprenditoriale e spietata dei giorni nostri. Aveva decisamente un sapore differente.
Non è solo per un clamoroso aiuto arbitrale che si continua a parlare del gol regolare annullato a Turone che nella stagione 1980-81 consegnò per un punto lo scudetto alla Juventus. Le stoccate eleganti tra Viola e Boniperti hanno contribuito parecchio a "fondare il mito" di quella gara. La "questione di centimetri" ancora oggi riecheggia tra gli slogan, quando si sottolinea qualche fatto poco chiaro legato alle decisioni delle giacchette nere. Non erano due amici, Boniperti e Viola. Non erano nemmeno due stinchi di santo. Però, come il grande interista Peppino Prisco, erano appassionati ed intenditori, misuravano le loro battute stando sempre attenti a non oltrepassare il limite della decenza, si pizzicavano sapendo di avere una classe in comune che pochissimi potevano permettersi. Boniperti amava stuzzicare Viola ricordandogli che era l'eterno secondo, Viola ribatteva definendolo un discreto geometra per la questione dei centimetri, lui che era ingegnere. Ultimamente volano altre parole, che al di là del cattivo gusto sempre opinabile, non hanno niente a che vedere con la rivalità ma sembrano più adatte ad un'aula di tribunale o ad una rissa tra comari rancorose.
Poi ci sono i tifosi, che come i presidenti cambiano. E' cambiato il tifo della Juve, un tempo composto da immigrati vogliosi di rivincita e da figli di operai della Fiat, che forse sì "servivano il padrone" ma avevano anche la grande dignità degli sradicati. E' cambiato quello della Roma, perso nei meandri della bassa manovalanza di estrema destra, che ha visto passare nella sua curva il fior fiore del proletariato urbano arrabbiato e felice, con le sue leggende che per convenienza sono state sepolte. E' rimasto tutto popolare, certo. Ma muta la società, fatta dalle persone, e quindi mutano i modi di tenere ad una squadra.
Gli juventini rivendicano con fierezza democristiana Luciano Moggi e Antonio Giraudo, eroi dei due scudetti tolti. Non importa se hanno fatto qualche furbata, anzi proprio perché più furbi e più potenti degli altri sono da osannare e da portare in palmo di mano. I romanisti, dal canto loro, sono inclini a pensare di essere gli unici onesti in un mondo travolto dal marcio e lo sbandierano ai quattro venti dimenticando che è un gioco.
Non credo che Boniperti e Viola si sarebbero mai comportati così. Entrambi hanno avuto le loro macchie, certo. La festa all'Heysel per il primo e la tentata corruzione dell'arbitro di Roma-Dundee per il secondo, per fare degli esempi. Episodi strani, tra l'altro; non si è mai capito se la finale poteva essere rimandata e se la festa l'hanno fatta i calciatori bianconeri incoscienti alla fine della gara, senza il benestare della dirigenza. La Roma non era mai arrivata in semifinale in Coppa dei Campioni e il presidente dimostrò la sua ingenuità facendosi fregare da due presunti mediatori che intascarono la somma senza mai consegnarla all'arbitro Vautrot. Se ne potrebbe parlare all'infinito, ma davvero sono due faccende che non portano con sé quell'alone malato che si percepisce oggi.
Boniperti, pur rimanendo in società negli anni della Triade (c'era anche il fido e a quanto pare un po' tonto Bettega), è stato messo in disparte dal notabilato dei parvenu, troppo impegnati a vincere ad ogni costo, ad allungare i propri tentacoli, a tessere una fitta di rete di conoscenze, amicizie, coperture. Viola, se ci fosse ancora, semplicemente avrebbe smorzato gli entusiasmi per una serie A che va a rotoli e che vede la propria credibilità ridotta al lumicino. Il primo aveva scoperto il promettente Michel Platini, il secondo aveva portato a Roma il giovane talento Paulo Roberto Falcao, regalando al calcio italiano tutto due fenomeni che sarebbero diventati i migliori centrocampisti al mondo e che il mondo stesso ci avrebbe invidiato.
Lo stile se ce l'hai, non lo perdi. Morto Viola, Boniperti si sarà sentito un pochino più solo. Ma ogni tanto torna a dire qualcosa. Tra una riga di giornale che parla di calciopoli e l'altra che descrive le meraviglie dei campionati esteri, l'ex presidente di Piazza Crimea fa sempre la sua figura che ti riporta indietro di qualche tempo, tant'è che non credi ai tuoi occhi quando leggi certe dichiarazioni serene.
"Con calciopoli ci è andata anche bene", ha detto durante l'assemblea dei soci della Juventus. Da un certo punto di vista, con la mentalità odierna, potrebbe quasi risultare offensivo leggere questa frase. Da un altro punto di vista, forse obsoleto chissà, ti scappa un sorriso e riconosci l'avversario di sempre. Sarebbe bello che i tifosi juventini spendessero qualche parola di sincero elogio per questa affermazione. Qualcuno l'avrà fatto, sicuro. Tantissimi altri no, avranno preferito glissare, perché bisogna primeggiare sempre e comunque, senza fare i conti con niente e con nessuno. Men che meno con un vecchio, discreto geometra.
venerdì 20 aprile 2007
Bei tempi andati?
Gol segnato da numerodieci alle 21:44:00
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