mercoledì 23 maggio 2007

Sul Tetto d'Europa


"Che te lo dico a fare?"
Johnny Depp, Donnie Brasco, 1997.

E che vuoi dire? Una gara non bella, tesa e anche un po' fallosa. Due gol che arrivano come manna piovuta dal cielo, due gol di cui uno pure fortunoso, due gol di un rapace d'area che gli espertoni nostrani definiscono ormai da molti anni un ex giocatore.
Che vuoi dire? All'ultimo minuto Kuyt segna e gli idioti ridono perché pensano ad una nuova Istanbul, Kakà si avvicina a piccoli passi al Pallone d'Oro, il Berlusca mostrando la criniera luminescente se ne sta in tribuna con la sua smorfia da piccolo Cesare.
Parole e basta. Non sono milanista e non farò mai il tifo per i rossoneri, ma mi è già capitato in precedenza di esprimermi sugli uomini di Ancelotti. Sono un appassionato del gioco del calcio. Non mi piacciono i discorsi scialbi e pilateschi di quelli che "comunque è una squadra italiana". Chi se ne frega se è una squadra italiana. Il motivo è un altro: è una grande squadra.
Parte in campionato senza entusiasmi, con una campagna acquisti a dir poco pietosa se si pensa che al posto di Ronaldinho è arrivato un tale Ricardo Oliveira pagato 17 milioni e con una penalizzazione di otto punti che molti ritengono un regalo. A gennaio i dirigenti pensano di dover accontentare i tifosi delusi e comprano un semidecotto Ronaldo che non può nemmeno giocare la Champions. Intanto proprio in Champions si prosegue, tra una partita così così e un avversario che qualcuno rimpicciolisce tanto per fare opera di denigrazione. Il campionato fa il suo giro di boa mentre Carletto e i suoi compiono una risalita lenta ma netta, lavorando sottovoce tra i proclami e le lamentazioni altrui.
Saltando passaggi e passaggetti, va a finire che il Milan lotta per il terzo posto con poco distacco dalla Roma (senza penalizzazione) e passa in Europa dopo una stratosferica semifinale contro il Manchester United. C'è da vedersela di nuovo con il Liverpool, come due anni fa. I soliti coerenti tipicamente italioti che non perdono occasione per criticare Totti che non va in nazionale ripescano gli amuleti, le pozioni e i malocchi passati sperando che il Liverpool stravinca la finale. Azzardano previsioni e beffe premature, dando per spacciati i rossoneri, esaltando Gerrard e Crouch che dovrebbero stracciare un centrocampo e una difesa già battuti. Da parte mia, solo il pensiero che il Liverpool è la squadra inglese meno inglese che c'è, e perciò estremamente pericolosa: concreta, quadrata, prudente, ben organizzata. Il Milan, pur avendo un carattere di ferro, dovrà sudare parecchio.
Si giunge, finalmente, alla gran soirée di Atene. La partita non concede grosse emozioni, le squadre sono guardinghe, Benitez presenta una formazione compatta che gioca molto la palla. Il Diavolo bada al sodo, corsa e gambe e ripartenze. Proprio ripartendo guadagna una punizione tirata stranamente da Pirlo, con il pallone basso che va a toccare quasi impercettibilmente un braccio di Pippo Inzaghi; è la prima rete. Caso? Istinto? Che importa? E' gol. Si scivola in un secondo tempo di tattica esasperata e di nervosismo. Ditemi il nome di un calciatore italiano che può riaccendere una gara stanca con un guizzo improvviso. No. Nemmeno. No, neanche lui. Se non avete indovinato, di calcio non capite una mazza. Eh sì, ancora Pippo Inzaghi, che si beve Reina in contropiede, imbeccato da Kakà. Due a zero, l'impressione è che manchi davvero poco e che Istanbul sia lontana non solo per l'inimicizia storica tra greci e turchi. Kuyt all'89° tenta di rimettere in discussione tutto ma è impalpabile la reazione degli inglesi. L'arbitro tedesco Fandel fischia tre volte di seguito: il Milan è campione d'Europa; secondo trofeo in quattro anni, con tre finali disputate. Che vuoi dire?
Chi ama riempirsi la bocca di demerito, motivazioni, culo e mediocrità può accomodarsi nell'angolino buio e vuoto, dove ha pieno diritto di esprimersi.

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