Sensazioni gustosissime si succedono rapidamente quando si affronta l'Inter. Prima la vittoria nella giornata campale dello scudetto nerazzurro, poi una partita come quella di oggi. Lo slogan di una famosa pubblicità recita "Ci sono cose che non hanno prezzo" e potrebbe essere il giusto titolo di questa finale di andata della Coppa Italia. Mi sembra inutile parlare della gara, elencandone lati buoni e meno buoni. Dopo una vittoria per 6 a 2 c'è poco da dire. Anche dopo una sconfitta per 6 a 2 ci sarebbe poco da dire, se solo il perdente in questione non fosse un interista. Colui che stravince, che asfalta gli avversari, che domina la Champions League, che umilia la solita rometta formato Coppa Italia. Di fatto, in questa stagione che volge al termine l'Inter ha vinto uno scudetto in un campionato in cui non avrebbe potuto fallire nemmeno con un handicap di partenza. Ripeto che parlare della gara di oggi pomeriggio è poco interessante, prima di tutto perché è stata strana: Roma lanciatissima, uno-due-tre micidiale, respiro dell'Inter grazie ad un errore di Pizarro e poi niente altro se non i gol dei giallorossi in stato di grazia mentre l'undici nerazzurro girava a vuoto. Ci sta, è una di quelle partite che se le rigiochi cento volte avrai sempre un risultato diverso e meno pesante. Epperò. Se non si può parlare del confronto e del risultato perché ha poco senso e perché comunque c'è ancora un ritorno da disputare, che spero sia infuocato e non disonorevole, allora si può parlare di ciò che c'è dopo, delle dichiarazioni e delle frasi lette ed ascoltate.
Per esempio si può sottolineare l'atteggiamento del buon Roberto Mancini, che dopo aver riabbottonato i polsini della camicia e fatto riposare il viso rosso più di rabbia che di lampade, ha rilasciato nel suo stile misurato e mai presuntuoso le seguenti parole: "Alla fine penso che a fare la differenza siano stati l'approccio e le motivazioni (...) l'Inter ha vinto lo scudetto ed è solo questo ciò che resterà". Insomma, alla fine della fiera, sia lui sia i suoi campionissimi sono arrivati in finale tanto per perdere tempo e della Coppa non gliene frega una benemerita mazza. Luciano Spalletti, dal canto suo, ha detto invece con calma olimpica: "Non è ancora fatta". Ora, o qualcuno insegna a Mancini come dovrebbe comportarsi un vero allenatore di calcio, oppure siamo destinati ad avere un ibrido tra Capello e Mourinho, con la differenza che questi ultimi due hanno un tantinello di visibilità e di importanza in più. Mancini non solo riesce sempre ad infilare in una sconfitta una giustificazione priva di stile (e di senso della realtà), non solo si contraddice (alla vigilia del match aveva detto "La Coppa sarà la nostra ciliegina sulla torta"), ma dà la stura al profluvio di commenti dei suoi tifosi a metà tra il represso e lo scatenato, in rete e per le strade, ovviamente in piena sintonia con le sue maniere da vero sportivo.
Si inizia da reazioni che ricalcano la favola della volpe e dell'uva. "Tanto la Coppa Italia non vale niente, abbiamo lasciato vincere la rometta". Prima considerazione: l'Inter ha vinto le ultime due edizioni e quest'anno è arrivata in finale, il tutto condito da un irresistibile mix di gioia e superbia. Un bizzarro andamento per chi non ci tiene. Seconda considerazione: la rometta potrà alzare il trofeo a San Siro o potrà essere rimontata, ma resta il fatto che ha fatto sei gol alla squadra campione d'Italia, che a detta dei suoi sostenitori ha iniziato una marcia trionfale. Se perdi sei a due contro una buona Roma forse ci può stare l'onore delle armi, ma se perdi sei a due contro la rometta allora ti dai la zappa sui piedi e devi stare zitto in ginocchio sui ceci. Terza considerazione: tra i tantissimi tifosi che criticano Totti per le sue controverse vicende in chiave azzurra, ci sono gli interisti che portano a modello i beniamini Materazzi e Grosso - e basta, poiché i restanti sono tutti stranieri. Bene. Ma quando questi beniamini non onorano il secondo titolo calcistico del nostro paese, spalleggiati dai propri supporter che ne snobbano il valore, chi è meno rispettoso riguardo l'Italia e lo sport? Sia chiaro, a me non frega nulla delle menate patriottiche, ma un po' di coerenza non guasterebbe, in discorsi simili. Insomma, come la si vuol mettere, la scusante appare inaccettabile.
Ma la sagra delle "mani avanti" non si esaurisce qui. Altro pretesto formidabile è "Faceva caldo, l'Inter è stata penalizzata". Effettivamente a Milano e a Roma la situazione climatica non è proprio la stessa, ma dal momento che non stiamo parlando di differenza tra Norvegia ed Egitto forse sarebbe il caso di essere leggermente meno creativi.
L'ultima ragione addotta è la classica "Ci mancavano dei giocatori". D'accordissimo, mancavano due pedine fondamentali come Ibrahimovic e Cambiasso. Ma non è l'Inter che ha due o tre squadre di campioni? Non è l'Inter che ha dei fuoriclasse assoluti in tutti i reparti? Oppure bisogna dire che l'Inter dipende, al pari della Roma, da qualche elemento? Io non lo so. E' chiaro che Ibra è il valore aggiunto nella formazione titolare, tuttavia con i se e con i ma non si va lontano. Sarebbe veramente avvilente per i nerazzurri pensare che la potenza della squadra sia ridotta al lumicino a causa delle assenze dei singoli. Pure questa, dunque, è insulsa e risibile, quando perdi con quattro reti di scarto e firmi un record negativo che resta negli almanacchi.
La triste, scomoda verità è che l'Inter ha certamente beccato la giornataccia e che, contemporaneamente, non possiede né il carattere né la mentalità né la coscienza della grande squadra. Tutto ciò si palesa nella disciplina dei calciatori, nei discorsi dell'allenatore, nelle uscite dei tifosi, che spesso agiscono come dei bambini viziati; finché io faccio i miei comodi va bene, se li fai tu non ci sto e ti picchio o piango e strepito, tanto ho i miei genitori e i miei amici che mi difendono. La logica è questa. Non è solo per via del destino cinico e baro che ogni anno viene pagato un dazio alla situazione paradossale, all'imprevisto curioso, al risultato deludente, al pubblico ludibrio, all'umiliazione sfacciata.
Per il resto si deve ancora giocare un ritorno che potrà andare in due modi. Uno vedrà la Beneamata arrembante, decisa a ribaltare il risultato e ci sarà da stare attenti perché la Roma non è nuova agli scivoloni. L'altro la vedrà arrendevole, senza molti titolari, a fare presenza per salvare il salvabile. In entrambi i casi gli interisti avranno pronto un ragionamento facile, un motivo fantasioso o un teorema imperfetto per cercare una magra soddisfazione. Se la vinceranno, la Coppa tornerà incredibilmente ad essere una conquista prestigiosa di cui vantarsi; se la perderanno, al contrario si sentiranno dei furbacchioni per non aver sprecato delle preziose energie. E' questo ciò che resterà. Si accettano scommesse.
mercoledì 9 maggio 2007
La Tragedia Degli Uomini Ridicoli
Gol segnato da numerodieci alle 20:58:00
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