Be', che dire?
Rapido aggiornamento: due pareggi strani, 2-2 con la Juventus in casa e 2-2 con la Fiorentina fuori. Entrambe le avversarie hanno raggiunto la Roma verso lo scadere del secondo tempo; i bianconeri grazie ad un controfallo che, regolamento alla mano, è praticamente ineccepibile. I viola grazie ad un rigore guadagnato dall'eterno Vieri che quest'anno potrebbe tornargli utilissimo. Roma sciupona e presuntuosa in tutte e due le gare, dove colleziona almeno almeno 5 palle-gol pulite che puntualmente spreca con una sufficienza irritante.
La disfatta totale sembra nell'aria ed arriva zitta zitta: 1-4 all'Olimpico contro un'Inter che umilia i giallorossi sia sul piano puramente tecnico che su quello tattico. Mancini, bisogna ammetterlo, riesce a calare bene le sue carte a centrocampo, bloccando Spalletti che si affida al solito modulo e non lo cambia manco sotto tortura. Giuly ferma con le mani un pallone destinato alla rete dopo 29 minuti e i nerazzurri diventano i padroni del campo facendo quello che vogliono. Roma in bambola, che paga (giustamente) lo scotto di un gioco lezioso, fatto di tacchi e tocchi, che entusiasma fino all'ingresso dell'area avversaria ma non produce assolutamente niente.
Intermezzo europeo con l'attesa trasferta di Manchester; dopo l'incubo dell'anno scorso, quest'anno non va meglio ma si riduce, e di molto, il passivo: 1-0 per loro con una rete un po' capolavoro e un po' botta di culo di Rooney - attaccante di razza che tuttavia spara ad occhi chiusi. Lo sbruffone Cristiano Ronaldo gioca bene ma sicuramente sottotono e visto che stavolta non c'è Chivu il leggiadro fa meno lo stronzo e guarda al concreto. Alla fine della partita non rilascia dichiarazioni, come invece aveva fatto prima parlando di "giocatori della Roma che, sul 6-0, gli avevano chiesto di rallentare e non dribblare più". Per quel che riguarda la partita, la Roma gioca e controlla con intelligenza e sfiora la rete in diverse occasioni, nel complesso il risultato ci sta e tutto sommato si sono risistemate un po', solo un po', di cosette. Bisogna aspettare ancora per una rivincita, come ha detto Totti: prima o poi il risultato dovrà essere favorevole, cazzo (questo l'ho aggiunto io). A questo proposito, mi torna in mente che la Roma vinse all'Olimpico l'anno scorso giocando un ottimo calcio e nulla impedisce a questa squadra di ripetersi al ritorno con una prestazione orgogliosa, una di quelle che cancellano il sorriso dalla faccia degli idioti.
Tornati in Italia, i giallorossi vincono a spasso a Parma, netto 3-0 in una domenica quasi fiacca. Però... Se c'è una cosa che questa giornata ci ha detto è che la squadra di Spalletti, che sembrava sull'orlo di una crisi, è piuttosto viva e se acquisisce un pizzico di cattiveria in più potrà arrivare lontano. Non voglio fare i soliti proclami da romanista, non voglio neanche fissare obiettivi improbabili. Ma voglio permettermi di vedere la Roma che gioca, vince e soprattutto convince, che affronta a viso aperto tutte le squadre e non si perde nei giochetti. Essere consapevoli della propria forza, in fondo, non significa arrivare davanti al portiere avversario con la palla tra i piedi; capisco che la Roma in certi momenti sembra che stia giocando a calcetto, ma si può e si deve anche essere cinici e badare al sodo.
E quindi speriamo che lo spirito giusto sia tornato.
A parte la Roma, domenica scorsa si è giocata una partita che ha offerto una discreta dose di goduria.
La Lazio del grandissimo Lotito perde in casa 5-1 contro un Milan che tutti davano per spacciato, complice la prestazione opaca a Glasgow in Champions e un Dida oramai comico che però ha trovato uno sfidante temibile. Mi riferisco al tristemente noto Nestor Fernando Muslera, portiere uruguayano 21enne che era stato presentato come l'erede di Peruzzi.
Sarebbe un po' troppo semplice parlare della gara, della resurrezione dei rossoneri che saranno vecchiotti ma sempre forti o delle papere inconcepibili di questo Muslera. No, meglio di no.
E' invece bello parlare di come i laziali si ostinino a pensarsi superiori perché abituati alla sofferenza. Una sindrome da martiri che tirano fuori quando si presenta il peggio e riveste di dignità quella che è unicamente una situazione frustrante e vergognosa.
Da un anno a questa parte, la Lazio del magnifico rettore Lotito ha collezionato figure di merda senza soluzione di continuità. Le uniche boccate d'aria gliele ha fornite la Roma, perdendo malamente un derby l'anno scorso e facendosi massacrare a Manchester. I laziali hanno alzato la testa, riproponendo slogan che francamente non vogliono dire niente ma che per loro sono motivi di sopravvivenza.
E quindi vai con la storia della prima squadra della Capitale, con il 7-1 ripetuto come una litania da autistici, con il 3-0 nel derby della stagione trascorsa, con le prese in giro a Totti, con il verso al famigerato gol di Turone, e con appellativi riferiti ai romanisti che non hanno nessun senso come "riommers", "peperones" o "riomisti".
Partendo dal fondo, bisogna dire che ci vuole una fantasia anormale per coniare termini che, detti così, in una frase fuori dal contesto calcistico, nessuno capirebbe. A dire il vero io ci ho messo un po' a capirli anche dal di dentro. Provo a darmi spiegazioni ma senza sicurezze. Credo che "peperones", ovviamente riferito ai colori giallorossi, sia dovuto ad un'ironia balorda che mette a confronto la Roma e il Real Madrid dei "galacticos". Ok, non fa ridere nessuno, questo è acclarato; almeno dicessero "coacticos", sentito da un mio amico tempo fa, un minimo di spirito si noterebbe. E invece zero. Per quanto riguarda "riomisti" o "riommers" non saprei proprio che pesci prendere, dal momento che mi sembrano cose da prima elementare. Penso che siano idealmente la risposta al fatto che molti tifosi giallorossi parlino di "LaziE", con la E finale, cosa che tuttavia ha un fondamento per via dei molti tifosi biancocelesti presenti nei paesetti sparsi nella regione, i cosiddetti burini che pronunciano la zeta dolce e tagliano il finale delle parole. Un po' penosa questa risposta biancoceleste, sinceramente, mai sentito nessuno che dice "Riomma". Ma contenti loro, che campano di miti...
Sul gol di Turone c'è poco da dire, ne parlano più loro dei romanisti e, se questo li fa sentire migliori, siamo lieti di potergli regalare un sorriso su un fatto accaduto più di 25 anni fa ed ormai accantonato.
Poco anche su Totti, che ci ha pensato da solo a farli stare zitti con un gol dopo l'altro. Si può criticare e deridere Totti in qualsiasi modo, ma se a farlo è un laziale che deve attaccarsi a gente tipo Rocchi, Pandev e Tare per avere una soddisfazione la cosa diventa patetica. Si può anche parlare di Chinaglia, che è volato in America quando ha visto le brutte, che è tornato da presidente lasciando la Lazio in mutande o che ha tentato tramite manovre per cui rischia l'arresto di fare delle speculazioni di Borsa prendendo per il culo i tifosi; o di Di Canio, l'unica bandiera del calcio italiano che ha giocato più nelle altre squadre che nella sua, che ha adulato la dirigenza juventina quando è andato a Torino, che è un simbolo di forza e onore ma se lo rimproverano per il saluto romano fa il vago e dice "Salutavo il mio popolo" (complimenti per la demagogia di bassa lega) glissando sul famoso coraggio delle idee.
Per non parlare dei risultati. Il 7-1 mi fa pensare che, se fossi come loro, dovrei tirare fuori l'esclusione - unica nella storia del calcio nostrano - dalla Coppa dei Campioni nell'anno del primo scudetto e ancora di più la sconfitta per 6-0 rimediata dal Lens nell'edizione 1977 della Coppa Uefa. Ma non mi interessa. Potrei essere un po' meno coniglio e anziché farmi scudo con le squadre straniere, potrei parlare della mia Roma che ha vinto 5-1 in un derby che poteva finire molto peggio. Ma anche questo mi interessa relativamente, ormai è andata.
A Roma si dice "A chi sputa per aria, ie ricasca 'n testa". E puntuale è cascato lo sputo sui laziali che domenica avranno pensato che se fai il coatto, lo devi fare a ragion veduta, solo se te lo puoi permettere. E quando prendi cinque reti da un Milan stanco e bersagliato, abbassi la testa e ritiri la coda tra le gambe, hai voglia a farti bello con il Manchester, tu tifi Lazio e vivi in Italia, per tua sfortuna. Come se non bastasse in Nord campeggiava uno striscione profetico sul portiere: "Anvedi come para Nando" (due rigori procurati e due reti in mezzo alle gambe).
Sulla questione della prima squadra, poco da dire: è la verità, benché siano nati come podisti. Il concetto è chiaro: nasci prima, hai una storia e un blasone di cui vantarti. Sì, se conti qualche cosa, non se boccheggi tra tante ombre e poche luci. Tra l'altro in 27 anni di dominio territoriale avessero vinto qualche cosa: macché, niente, il vuoto, il buio. Per me possono citare Bigiarelli il bersagliere, Piazza della Libertà, Piola, Batman e Robin, ma la sostanza è che hanno il nome e i colori sbagliati e gli è rimasto solo un pezzo di memoria per darsi un tono. Ricordano quei nobili decaduti che vivono di cambiali e comprano a credito, ma stringi stringi piangono miseria.
Comunque questi sono piccoli fatti. Loro sono superiori. Non basta la serie B, non basta il calcio scommesse, non basta l'era Cragnotti delle molte vittorie ottenute con truffe, condanne e galera.
E allora stiamo al presente:
Lotito viene criticato adesso. L'anno scorso, dopo la qualificazione alla Champions era osannato.
Non dimentichiamo il coinvolgimento in Calciopoli, naturalmente. Finalmente finisce quel campionato, comincia il calciomercato e Delio Rossi vuole una squadra decente. Lotito, che è un moralizzatore fatto e finito per quello che gli pare, decide di accontentare il suo allenatore: arrivano Meghni, Del Nero, Kolarov e Scaloni. E vabbè, magari si ambientano bene e fanno i fenomeni. Ma ci vuole un portiere, perché Peruzzi potrebbe restare ma vorrebbe prima parlare col presidente. Lotito temporeggia, poi gli dà appuntamenti a cui non si presenta e alla fine lo fa licenziare da qualcuno della società senza degnarlo di una spiegazione. E' così che si arriva a Juan Pablo Carrizo, pagato dieci milioni di dollari, di nazionalità argentina con parenti italiani, da molti indicato come una certezza tra i pali. C'è qualche strano intoppo burocratico, Carrizo non può essere italiano e la Lazio, con Kolarov, ha raggiunto il massimo degli extracomunitari consentiti. L'argentino viene rispedito in prestito al River Plate, in attesa del possibile tesseramento. Al suo posto arriva il giovane uruguayano Muslera, di cui ho già abbondantemente parlato. Alla fine del mercato viene ingaggiato l'attaccante Fabio Vignaroli, calciatore disoccupato che non si capisce a cosa serva perché non solo è una gran pippa, ma ha anche 31 anni.
La Lazio va, in Champions non sfigura affatto. In campionato fa 7 punti in 7 gare. A margine del discorso sul calcio giocato, si presentano due importanti novità: Lotito, in rotta con il Comune di Roma per la concessione di un terreno sul quale edificare il nuovo stadio di proprietà, la spara grossa e afferma che ha individuato una zona presso Valmontone, in provincia, e lì costruirà lo stadio. Apriti cielo. I laziali tornano alla vergogna e un po' alla paura, perché questo qua è uno che potrebbe pure farlo davvero. Tutto ciò tra le preghiere dei romanisti (o riommisti, o peperones) che finalmente potrebbero vedere coronato un sogno: la Lazio tra i burini.
Lo stesso Lotito dichiara che tutto sommato non sarebbe male perché si sa che la Lazio ha più tifosi in provincia che in città. Riapriti cielo: l'ha detto, proprio lui che deve rappresentare i tifosi ha detto la frase temuta da una vita. Nel frattempo si tratta il rinnovo dell'uomo di punta della formazione di Delio Rossi, cioè Tommaso Rocchi. L'accordo è tuttora in alto mare, Rocchi vorrebbe qualche soldino in più ma il presidente è fermo nella sua crociata etica e non si smuove. Esce anche un'intercettazione telefonica piuttosto strana, sempre tra Lotito e Alfredo Carfagni, ex responsabile sanitario della S.S. Lazio. Si parla di un calciatore di cui non si dice il nome (s.), che sembra avere problemi di cuore. Lotito cerca di convincere il medico a trovare un posto che possa emettere il certificato di idoneità per il giocatore, fregandosene della salute e giocando con la vita degli altri. Su quest'argomento è preferibile non scherzare, ma è la condotta del presidente che ancora una volta rasenta l'incredibile.
E' di ieri, inoltre, la notizia che Delio Rossi è stato deferito per aver chiesto a Lotito, in una telefonata intercettata nel 2006, di contattare i dirigenti del Lecce e accordarsi con loro in vista della partita imminente contro i pugliesi. Qui il latinista Claudio non ha ceduto, stando almeno alla telefonata. La Lazio è riuscita poi a vincere per uno a zero; l'avvocato Gentile, legale della società, fa sapere che non succederà assolutamente niente. Ma io e i vari riommers ringraziamo Delio Rossi per il bellissimo gesto, altra macchia tra le macchie.
Quindi, che dire?
Non è che mi esalti sottolineare i problemi della Lazio, sinceramente. Ho amici e parenti di fede biancoceleste, ma quando sento e leggo certe cose nemmeno voglio trattenermi.
E dirò di più. Mi dispiace tantissimo che la Roma sia nata 27 anni dopo la Lazio, la prima squadra della Capitale. Dovrebbe dispiacere a tutti i romanisti.
27 anni di risate e figure di merda persi così, peccato.
mercoledì 10 ottobre 2007
La prima squadra della Capitale
Gol segnato da numerodieci alle 01:18:00
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1 commento:
Condivido pienamente il suo punto di vista. In questo nulla in vi e credo che questa sia una buona idea. Pienamente d'accordo con lei.
Assolutamente d'accordo con lei. Ottima idea, condivido.
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