C'è poco da dire sul derby di andata 2007-08.
La Roma vince 3-2, la Lazio giochicchia ma non sa mettere paura.
Vucinic continua a fare la prima punta e non è un caso che abbia segnato il terzo gol di seguito nella terza partita giocata nella sua posizione. Avevo scritto che la pazienza stava per finire; sono stato smentito, grazie al cielo. Il montenegrino però si rende protagonista non solo nell'occasione del momentaneo 1 a 1, ma soprattutto quando dà una palla eccezionale a Perrotta che fa il "sombrero" su Ballotta e insacca a porta vuota: 3-1.
Ora, chiunque a questo punto avrebbe voluto vedere la Roma dilagare. Era nelle possibilità, hai voglia a sentire le cazzate di quelli che guardano il finale e ti dicono "Ma c'è solo un gol di scarto". La Lazio si è intimorita, la difesa non esisteva più, il centrocampo girava e correva quasi a vuoto, l'attacco era scarico. Ci ha pensato la Roma, tirando il freno a mano e concedendo una punizione dal limite che Ledesma ha messo dentro (a dire la verità anche molto bene). Poi il buio, la partita si è ammosciata. Il possesso palla è stato forse più biancoceleste che giallorosso fino al 90°, tuttavia non si è più visto un tiro in porta né un'azione pericolosa.
Ecco, se proprio devo dirla tutta, da pignolo, avrei voluto qualcosa in più.
Non esagero se dico che la Lazio è la squadra più scarsa incontrata dalla Roma finora, in questo campionato. Per fortuna loro esistono delle attenuanti: mancavano due titolari come Mauri e Behrami, la situazione psicologica rasenta ormai la depressione, il pubblico odia apertamente Lotito e comincia a mugugnare su Delio Rossi. Ma non voglio parlare della Lazio.
Voglio parlare della Roma e di questa prudenza inattesa; la smania di controllare la gara, la cautela di Spalletti che leva un buon Mancini. Mi piace la squadra che non si specchia nella propria bellezza e butta la palla alle ortiche quando ce n'è bisogno. Ma ce n'era proprio bisogno, sul 3 a 1? O forse si poteva ottenere qualche cosetta di più? Vabbè, i giocatori non ragionano come i tifosi, a loro non importa niente delle dichiarazioni post-partita.
Onestamente non importa molto nemmeno a me, è piuttosto chiaro chi è che deve abbassare le orecchie e guardare per terra questa settimana, come tante altre settimane del passato, come nella normalità delle cose. Ormai ai laziali è rimasto il pensiero di Manchester. E questo la dice lunga sulla loro condizione; non solo si rifanno grazie ad un'altra squadra, per di più straniera, ma continuano con un risultato del passato. E' il passato che li perseguita: il 1900, le origini, i loro miti di una volta scomparsi rapidamente, i presidenti che non ci sono più, le sconfitte sonanti della Roma, i derby giocati prima di questo. Bene così.
I romanisti guardano già avanti, hanno speranze e magari, sì, illusioni, ma illusioni grandiose. E anche questo derby viene messo in archivio come gli altri, nonostante la vittoria "striminzita".
Una nota assolutamente triste, per cambiare leggermente discorso, viene dai cosiddetti provvedimenti antiviolenza, grazie ai quali il derby di Roma, famoso per le bellissime coreografie e gli striscioni di ogni genere, è diventato incolore, grigio, sciapo.
Se c'era una partita nella partita, questa si giocava proprio tra le curve. Mercoledì niente. Che cazzo di norma antiviolenza è quella di vietare una coreografia? Chi resta ferito con un disegno, con il colore della propria squadra, con lo sfottò? Il marito si è tagliato le palle per non dare soddisfazione alla moglie, insomma. Che tristezza.
Ci consolano i tuffi di Delio Rossi, che piano piano si trasformano in cadute libere.
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